Si è tenuto ieri l'incontro per la presentazione del nuovo libro di Maria Luisa Frisa, edito da Marsilio, Una Nuova Moda Italiana. Attraverso una serie molto dettagliata di immagini e una schedatura dei fashion designer, l'autrice offre un nuovo punto di osservazione sulla moda cercando di definire il ruolo che i designer italiani ricoprono nello scenario internazionale contemporaneo.
L'evento si è svolto in una location d'eccellenza, il Macro - museo arte contemporanea di Roma - il quale costituisce una delle tante realtà che concretizzano il vivido periodo di rinascimento culturale e artistico che sta vivendo la capitale. Alla discussione, moderata da Alessandra Mammì, giornalista de L'Espresso, hanno partecipato, oltre la scrittrice, nomi illustri dell'attuale panorama italiano della moda come Silvia Venturini Fendi (presidente AltaRoma), Lapo Cianchi (direttore fondazione Pitti Discovery), Sofia Gnoli (storica della moda), e alcuni talentuosi fashion designer tra cui Fabio Quaranta, Sergio Zambon e Marco De Vincenzo - trattati nel libro.
Numerose le osservazioni fatte che consentono di leggere la situazione della moda italiana "in corso d'opera": un'analisi contemporanea, critica e oggettiva che mette in luce quali sono i punti di forza e e di debolezza del panorama attuale. A gran voce è emersa al necessità di creare un sistema solido e stabile ma nello stesso tempo che lasci spazio alla creatività e all'innovatività, che consenta non solo ai giovani talenti di emergere ma anche e soprattutto di intraprendere un percorso concreto che offra possibilità di sviluppo e di crescita. Una necessità di collaborazione tra tutti gli attori, istituzioni comprese, e di lavorare in modo coeso per vincere una sfida difficile, quella di diffondere una cultura della moda priva di giudizi aprioristici basati su false convinzioni. Si ha l'assoluta necessità di realizzare a una "uscita forzata" - usando le parole della scrittrice - dagli stereotipi consolidati che non consentono alla moda italiana di andare avanti e che la lasciano tuttora legata al suo, seppur glorioso, passato. Si arriva così a uno stravolgimento del concetto di "Made in Italy", il quale non è più rappresentativo dello storico momento di successo internazionale della moda italiana segnato, negli anni 70/80, dai grandi nomi come Ferrè, Versace, Armani, ma diventa simbolo di qualità, di ottima manifattura, di produzione di alto livello, di officina creativa e di culla per nuovi talenti.
Ci si deve quindi liberare dalla gabbia dorata in cui siamo intrappolati, attraversando la tradizione per andare oltre.
Siamo di fronte a un nuovo scenario dove, come scrive Stefano Tonchi, direttore di W, "l'Italia non è solo un'entità geografica, dove Milano non è necessariamente la capitale e dove la moda non regna più assoluta ma si mischia continuamente alle altre discipline della cultura contemporanea. I protagonisti di questa storia italiana sono eroi locali ed internazionali, vivono e lavorano nel mondo, ma conoscono la realtà della provincia italiana. Sono eclettici e interdisciplinari e trovano ristretta la vecchia definizione di stilista, come quella più moderna di direttore creativo".
R.L.
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